Musica
per Amici (1997), per quartetto di flauti dolci, rielaborato anche per
quartetto d’archi (2a versione).
- 1.Corale I
- 2.Invenzione
- 3.Adagio
- 4.Corale II
- 5.Capriccio
- 6.Canto di Ringraziamento
Dati di registrazione: "Invenzione": registrazione dal
vivo, Cogorno (Genova, Italia), 6 agosto 1998, quartetto di flauti
dolci "La Compagnia della Luna Nuova", Milano (Daniele Bragetti,
Stefano Bragetti, Nicola Sansone, Seiko Tanaka).
"Adagio": registrazione dal vivo, Monza (Milano, Italia), 27
giugno 1999, quartetto Grandi (quartetto d'archi), Bologna. Violoncello
solista: Paolo Grandi.
PRESENTAZIONE DELL'AUTORE:
Ho composto originariamente
questo brano per alcuni miei amici che hanno formato un quartetto di
flauti dolci, chiamato “La Compagnia della Luna Nuova”. Amo molto
lavorare con gli esecutori di flauto dolce, perché sono
generalmente appassionati sia di musica classica contemporanea e
moderna, che di musica antica, esattamente come me. Durante la
composizione sono stato in una certa misura assistito anche da loro,
che mi hanno dato preziosi consigli sulla tecnica degli strumenti. Il
risultato è che il flauto dolce viene trattato nel brano come
uno strumento dotato di una buona agilità e capace di emettere
qualsiasi nota desiderata nell’ambito della sua estensione.
Ho successivamente creato una nuova versione del brano adattandolo per
quartetto d’archi.
Il pezzo è una suite, o meglio una raccolta da eseguire con i
brani esattamente nell’ordine indicato nel caso di un’esecuzione
integrale, ma anche in un altro ordine nel caso ne siano omessi alcuni.
Come si può vedere, i titoli hanno qualcosa di “barocco”, in
omaggio alla tradizione del flauto dolce ed al suo repertorio abituale.
Si tratta di sei movimenti contrastanti, che, facendo uso di un
linguaggio atonale semplice ed espressivo, richiamano diverse
caratteristiche della musica antica e barocca.
Si inizia con un Corale: i Corali sono gli inni religiosi della
tradizione dei paesi di lingua tedesca, di solito composti da una
melodia armonizzata in stile accordale, cioè dando lo stesso
ritmo a tutte le voci in modo da formare accordi ben percepibili. Il
Corale I (ed anche poi il II) è infatti una semplice, diretta
melodia, presentata prima senza armonizzazione, poi armonizzata.
L’armonizzazione è molto studiata e vuole seguire nota per nota
le inflessioni della melodia:questi Corali sono infatti per me pezzi
molto importanti anche da un punto di vista teorico. Per rendere
più dolce il Corale I, ho evitato in esso tutti gli accordi
contenenti semitoni, settime maggiori, none maggiori e anche seconde
maggiori tra voci adiacenti. Il tono è severo, dolce,
malinconico, ma anche con una certa solenne compostezza.
L’Invenzione è
probabilmente il brano più difficile da eseguire. Ha un
carattere musicale piuttosto giocoso, ma anche ipnotico ed
incantatorio, effetto ottenuto con l’associare ritmi incalzanti a
melodie molto statiche. Ogni strumento, infatti, suona sempre le stesse
note per tutto il brano (naturalmente mutandone continuamente l’ordine
ed il ritmo), secondo àmbiti che seguono un disegno simmetrico.
Il brano usa procedimenti tratti dalla musica africana: poliritmie
(ritmi diversi eseguiti contemporaneamente), uso esclusivo di valori di
1 (sedicesimo) e di 2 (sedicesimo seguito da pausa di uguale durata)
irregolarmente alternati, interventi di un solista a cui segue la
“risposta” di tutti gli altri, quasi si trattasse di un “leader” che
arringa una folla, figurazioni (divise tra i vari strumenti) ripetute
ostinatamente, e così via.
A ciascuno strumento è affidato un motivo originale, il suo
retrogrado (cioè l’esposizione del motivo al contrario,
dall’ultima nota alla prima), la sua inversione (cioè lo stesso
motivo esposto come “allo specchio”, procedendo verso l’acuto ogni
volta che nell’originale si andava verso il grave e viceversa), ed il
retrogrado dell’inversione, con un equilibrato gioco di simmetrie. Si
tratta di procedimenti tradizionali di contrappunto escogitati
già nel Medioevo e molto usati fino all’epoca barocca:
già nel Barocco, infatti, il termine “Invenzione” designava un
brano contrappuntistico che poteva far uso di simili mezzi, ed i
compositori moderni che hanno ripreso il termine “Invenzione” (come
Bartòk o Hindemith) lo hanno inteso sempre in questo senso.
L’Adagio è un brano che
ricorda un po’ certi movimenti lenti dei quartetti di Bartòk ed
è tutto basato su un profondo ed accorato assolo del flauto
basso (o violoncello, nella versione per quartetto d’archi),
contrappuntato da ciò che fa il flauto soprano (ovvero il primo
violino). Ha un carattere “dolente” ed un’espressione “pathetica”, nel
senso barocco del termine, cioè malinconica ed assorta. Nel
finale del brano la parte che era servita da introduzione iniziale
viene ripresa e variata, entrando così a far parte integrante
del “corpo” del pezzo e costituendone la naturale conclusione.
Del Corale II sono particolarmente contento, perchè si presenta
bene sia armonicamente, essendo costruito con un sistema di scelta
degli accordi che sto mettendo a punto ormai da quindici anni
(già usato anche nel Corale I), sia melodicamente, cioè
se consideriamo la parte di ogni strumento come melodia a sé
stante. Conferma e soprattutto approfondisce il carattere del Corale I.
Anche qui il tono è severo, dolce, malinconico, composto, ma
più profondo.
Oltre a ripresentare una personale interpretazione di alcuni
procedimenti tipici della musica antica, “Musica per Amici” ripropone
anche certe caratteristriche di diverse musiche etniche:ad esempio
abbiamo qui il breve assolo iniziale del Capriccio, poi successivamente
ripreso, che ricorda certi preludi improvvisati della tradizione
popolare sarda, oppure il dialogo tra le rapide frasi di due strumenti
che si alternano, in uno stile che ricorda uno stile di canto bretone
(il can a discan).
Il Capriccio è un brano complesso ed ha - come dice il titolo -
un carattere continuamente mutevole. Anch’esso fa uso di procedimenti
mutuati dalla musica antica, come il cosiddetto “canto fermo”,
cioè un frammento di una melodia preesistente, eseguita da uno
strumento o da una voce molto più lentamente che nell’originale,
le cui lunghe note servono da base alle elaborazioni più rapide
degli altri strumenti o voci. Il “canto fermo” è un procedimento
tipico della polifonia dal primo Medioevo a tutto il Rinascimento.
È appunto qui usato nel Capriccio, e la melodia che viene
presentata a valori molto lunghi è quella del successivo
movimento, il Canto di Ringraziamento.
Questo brano prevede inoltre la facoltà di improvvisare degli
abbellimenti secondo regole prestabilite (tipica pratica barocca), e
presenta dei particolari ritmi scattanti e vivaci detti hemioliae
(cioè ritmi ternari - composti da tre battiti - e binari -
composti da due battiti - che vengono alternati in maniera che due
ritmi ternari stiano al posto di tre binari o viceversa), analoghi a
quelli che si trovano in diverse danze rinascimentali rapide e ritmate
(credo che poca musica abbia superato il senso del ritmo che si ritrova
in certe danze rinascimentali!). Tali ritmi sono a volte addirittura
sottolineati dal battito del piede degli esecutori (prescritto in
partitura), con un effetto di grande vitalità, che prende
volutamente spunto anche dai ritmi dei gangar, le musiche usate nella
tradizione popolare scandinava in occasione della processioni nuziali.
Il Canto di Ringraziamento è solo una semplice, allegra e decisa
“canzoncina”, un breve motivetto ripetuto tre volte, senza tanti
fronzoli, ma anche con una certa maestosità e solennità,
come un allegro inno. Presenta anch’esso riferimenti etnici, in
particolare ai joik lapponi, canti improvvisati simili a quelli degli
Indiani d’America. L’ho dedicato alla memoria del mio insegnante,
Niccolò Castiglioni, che nella costruzione di simili vivaci
melodie era maestro.
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